Pubblichiamo il messaggio che questa mattina è pervenuto dalla senatrice Doris Lo Moro, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, letto dal sindaco Paola Natalicchio durante la Cerimonia per il 22° anniversario della morte di Gianni Carnicella.
Mi dispiace molto non poter prendere parte, oggi, a questa iniziativa. Ma il lavoro sulle Riforme che stiamo portando avanti in queste settimane in Parlamento ha reso vano ogni mio tentativo di essere a Molfetta in un giorno così importante per l’intera comunità. Un giorno triste, certo, specie per i familiari di Gianni Carnicella che rivivono quel momento, quei giorni, ai quali va il mio caloroso abbraccio. Triste, per chi lo ha conosciuto, ne ha potuto apprezzare le straordinarie doti morali, umane e politiche.
Ma questo è un giorno importante per Molfetta e per il Paese, non solo di dolore. Perché ricordare quel che è successo qui 22 anni fa non è solo un doveroso esercizio della memoria. È l’occasione per sottolineare quanto sia duro, difficile, in alcuni casi – come, purtroppo, questo – anche pericoloso fare l’amministratore locale in Italia. Secondo le prime stime della Commissione Parlamentare di inchiesta che ho fortemente voluto e che mi pregio di Presiedere, negli ultimi 40 anni i morti ammazzati tra Sindaci, Assessori e Consiglieri sono stati in numero di gran lunga superiore ai magistrati o ai giornalisti, tanto per citare due categorie altamente esposte. A questi dati vanno aggiunti quelli di chi è stato ferito, di chi è stato minacciato di morte, di chi è stato costretto ad abbandonare il proprio incarico. Nel 2013 la Puglia è stata la regione in cui si sono registrati più atti intimidatori che altrove: ben 134 casi. Numeri, storie, intimidazioni che disegnano un quadro inquietante ma ancora troppo sottovalutato. In questi anni si è consumata una strage.
Ma nessuno si è reso realmente conto della portata. Tutto resta relegato nelle pagine interne delle cronache locali fino a quando si va oltre le minacce e si alza il tiro.
Come è stato qui a Molfetta, 22 anni fa, o più recentemente a Pollica, vicino Salerno, con l’omicidio di Angelo Vassallo o ancora a Cardano al Campo, vicino Varese, dove è stata assassinata Laura Prati. Una scia di sangue lunga oltre 1100 chilometri, dal Nord al Sud del Paese: se un sindaco è scomodo, non ci sono steccati culturali o geografici. Per questo la Commissione è impegnata non solo in un lavoro ricognitivo ma anche ad accendere i fari su ogni episodio di intimidazione. Per capire di più e meglio, e per offrire quel senso di vicinanza umana e istituzionale necessario in momenti come questi. Anche per questo, oggi sarei voluta essere lì insieme a voi: per ribadire – come è già stato fatto in Prefettura a Bari, in sede di audizione – la nostra vicinanza all’attuale Sindaco, Paola Natalicchio, donna determinata e coraggiosa, per le intimidazioni ricevute. Sappia il Sindaco, la comunità tutta di Molfetta, che noi ci siamo e saremo sempre vigili e pronti a intervenire di fronte a qualsiasi tipo di intimidazione.
Certi che voi non vi fermerete e andrete avanti senza timori, denunciando ogni sopruso. Prendendo come esempio proprio le parole di Giovanni Carnicella il 30 maggio 1992, in un Consiglio comunale da lui voluto per commemorare la strage di Capaci: «L’auspicio è che questa generale riflessione, a più voci, divenga momento educativo per la comunità che merita di ritrovare, in questa Assemblea, le civiche virtù che lo smalto di una “nuova Resistenza” dovrà rafforzare e suscitare: oggi, in nome di Giovanni Falcone e di quanti lo hanno preceduto sul calvario e nel martirio; sempre, in nome dell’umanità, nella quale vogliamo credere, nella quale vogliamo restare!». Trentotto giorni dopo queste parole, Giovanni Carnicella fu ucciso. Ora tocca a voi portare avanti quel suo disegno.
Doris Lo Moro